DISINCANTO
“Testimoniare a sé stessi la propria esistenza”
Mi sveglio se mi rendo conto che sto dormendo, ma se dormo completamente immerso in quella situazione virtuale nulla mi spinge a farlo, a meno che non viva un incubo angosciante e non mi svegli urlando o in un sobbalzo. Ma c’è anche un altro modo che molti di noi conoscono perché è molto diffuso, mentre sono nel sonno e sto sognando nel mio letto, mi rendo conto che sto sognando e allora ovviamente tutto cambia.
Il meccanismo nel cosiddetto stato di veglia è più o meno lo stesso, solo che nel sogno notturno posso gettarmi da una rupe e volare, mentre nel “sonno” diurno se mi butto da una rupe mi uccido e se compio azioni poi ci sono conseguenze.
Dunque, in entrambi i casi, è importante essere cosciente del proprio stato per compiere qualsiasi scelta virtuale in un caso o reale nell’altro.
Quando la notte mi sveglio da un incubo di soprassalto e mi rendo conto di essere al sicuro tiro un sospiro di sollievo.
Quando la stessa cosa accade in quello che chiamiamo “stato di veglia” diurno, spesso non tiriamo un respiro di sollievo poiché tutti i “respingenti” che abbiamo messo in atto durante il vivere consueto per controllare e proteggerci, vengono messi in discussione o appaiono di poca o nulla utilità.
Come ci insegna Platone nel mito della caverna, il disincanto porta l’Uomo a volgere lo sguardo da quelle ombre proiettate sul fondo dell’antro che lui e gli altri intendono come realtà e a cercare il vero oggetto che produce quell’ombra. Oggetto che, per poter proiettare quell’ombra deve esso stesso essere in luce e il primo impatto per quell’Uomo che pur disincantato ha il coraggio di volgere lo sguardo al vero sarà rimanere abbagliato e spaventato.
Per questo, da millenni, gli esseri umani si sono spesso riuniti per potersi aiutare l’un l’altro ad attraversare lo sconforto e la paura iniziale che genera il perdere false sicurezze. Abbiamo così cercato in passato e continuiamo a cercare oggi, per trovare sempre più una luce di libertà e autonomia dalla schiavitù del non poter fare e del tutto subire, del pensiero gregario automatico, dell’essere condizionati senza la capacità di attivare un dialogo interiore critico, di comprendere la differenza tra un’ombra e una persona reale.
Abbiamo scoperto che siamo noi che osserviamo noi stessi, abbiamo imparato ad aiutarci non convincendo gli altri a credere ciecamente a qualsiasi cosa, cadendo così dalla padella alla brace, ma creandoci l’un l’altro possibilità di dialogo e scambio d’informazioni e anche perché no, sostenendoci l’un l’altro nell’entrare davvero nel mondo reale.
Sauro Tronconi
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